Famiglia

Il futuro è nella parità di genere

Ecco il Global Gender Gap 2015. A livello mondiale, il posto migliore per le donne continua a essere l’Europa del Nord. In particolare è l'Islanda il paese che per il quinto anno consecutivo si rivela quello più impegnato di tutti nel ridurre le differenze di genere. L’Italia al 41° posto

di Monica Straniero

Il Global Gender Gap, l’indice stilato dal World Economic Forum, rivela che il gap di genere si è ridotto negli anni ma a ritmo molto lento. Nel 2015 le donne guadagnano quello che gli uomini guadagnavano dieci anni fa. Il rapporto, introdotto nel 2006, classifica 145 paesi in base alle loro performance per raggiungere l’uguaglianza tra uomini e donne in quattro aree chiavi: lavoro, istruzione, salute e rappresentanza politica.

È migliorata la parità di genere in termini di salute e istruzione ma i progressi non sono stati uniformi tra le regioni. Se quaranta nazioni, con la Finlandia in testa, hanno chiuso il gender gap per cui le donne e gli uomini hanno la stessa speranza di condurre una vita sana, in paesi come la Cina, l’Armenia e l’India, la qualità della vita per le donne è compromessa da malnutrizione, violenze, malattie.

Stesso discorso per l’istruzione. Mentre in Australia e in altri 24 stati, le donne studiano di più degli uomini, in paesi come la Liberia e il Mali, la disparità è addirittura aumentata. Invece rispetto alla dimensione del mercato del lavoro, nonostante le donne siano più qualificate degli uomini, sono ancora una risorsa economica sottovalutata e insufficientemente utilizzata. Le donne hanno migliori possibilità di raggiungere posizioni da manager in Francia, Ghana, Albania e Guatemala. Mentre in fondo alla classifica ci sono Yemen, Siria, Pakistan e Iran. Spostando l’analisi all'empowerment politico, scopriamo che la concentrazione di capi di Stato o di governo in America Latina supera quella dell'Europa. Ma questo dato positivo si scontra ancora con una forte cultura maschilista, che si traduce in discriminazione e diffusa violenza di genere.

A livello mondiale, il posto migliore per le donne continua a essere l’Europa del Nord. In particolare è l'Islanda il paese che per il quinto anno consecutivo si rivela quello più impegnato di tutti nel ridurre le differenze di genere. Seguono gli altri paesi scandinavi, Norvegia, Finlandia, Svezia, e Irlanda. Sorpresa al sesto posto occupato dal Ruanda, analizzato soltanto da due anni. Nel paese africano, teatro nel 1994 di uno dei più spaventosi massacri del nostro secolo, la rappresentanza femminile nel Parlamento ha superato il 60%, del 48% quella nel Governo. Invece tra le grandi economie occidentali, dove è ancora difficile avere un'eguaglianza degli stipendi per le donne, gli Stati Uniti si piazzano al 28esimo posto, preceduti dal Regno Unito, Francia e Germania.

Insomma, a distanza di vent’anni dalla piattaforma di Azione di Pechino, progetto ratificato da 189 Paesi in tutto il mondo con l'obiettivo di ridurre in modo costante i numerosi gap esistenti tra uomo e donna, la parità economica tra i sessi è migliorata solo del 3%, complice anche la crisi finanziaria. “Di questo passo le donne otterranno uno stipendio pari a quello degli uomini solo nel 2133, tra 118 anni”, si legge nel rapporto. Ma ci sono paesi dove i divari di genere sono destinati ad acuirsi. Ecco quali sono: in Asia, è lo Sri Lanka; in Africa, il Mali; in Europa, Croazia e Repubblica Slovacca; e in Medio Oriente, la Giordania e l'Iran, Repubblica Islamica.

E l’Italia? Fa passi avanti nella promozione della parità tra uomo donna, piazzandosi al 41esimo, ma resta indietro nel settore delle opportunità e della partecipazione economica femminile. Nel settore relativo al mercato del lavoro occupa in classifica la stessa posizione di paesi come Cuba, Messico, Arabia Saudita, Bangladesh. Ma non è tutto. In Italia le donne italiane continuano a guadagnare meno degli uomini, a parità di mansione, e nonostante la presenza femminile nella sfera politica sia aumentata, con otto ministeri su sedici guidati da donne, l’Italia ad oggi non ha mai avuto un premier o un capo di stato donna.

Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del WEF, tiene comunque a precisare che l’ampiezza dei gap di genere nei paesi in tutto il mondo è il risultato combinato di diverse variabili socio-economiche e culturali. “Pertanto l'indice cerca di fornire una serie completa di dati e un metodo chiaro per il monitoraggio dei divari nell’ambito di ciascuna aree al fine di aiutare i singoli paesi a mettere in atto adeguate politiche nazionali per raggiungere l’uguaglianza tra donne e uomini”.

Il rapporto è disponibile a questo link

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.